lunedì 27 gennaio 2014

Inedite memorie parrocchiali cargeghesi tra ottocento e novecento



a cura di Giuseppe Ruiu





Indice


Don Giovanni Maria Satta istituisce erede la chiesa di Cargeghe nel 1831.

Teologo Giovanni Scarpa, ingrandimento del cappellone, nuove statue dei Patroni, S.Lucia e Vergine dei Dolori, ostensorio d'argento.

Don Lorenzo Nurra.

Filippo Serra rettore dal 1853.

Cade il campanile nel 1854.

Il Colera nel 1855.

Incameramento dei beni Ecclesiastici, 18 agosto 1867.

Nuova fonte battesimale in marmo della chiesa parrocchiale, 2 aprile 1890.

Memoria sulla chiesa parrocchiale: la nuova croce d'argento.

Piccole memorie tradizionali della chiesa rurale di S. Maria di Contra, e sulla leggenda di Tres Nuraghes.

Altre memorie sulla chiesa parrocchiale: nuovo andito.

Altre memorie sulla chiesa parrocchiale: il coro.

Altre memorie sulla chiesa parrocchiale: quadro della Vergine di Pompei.

Cappella di S. Antonio Abate.

Monsignor Salvatore Tolu di Cargeghe Arcivescovo di Oristano.

Consacrazione dell'Arcivescovo Tolu. Reliquie dei Santi.

Acquisto della nuova campana.

Distruzione metà del campanile, 27 gennaio 1905. Riparazione del campanile della chiesa.

Seconda memoria sul campanile.

Elenco dei parroci che dal 1562 fino al presente ressero la parrocchia dei SS. MM. Quirico e Giulitta in Cargeghe e relative osservazioni.

Cronistoria dei fatti più importanti della parrocchia di Cargeghe dal 1940.

Monsignor Arcivescovo inaugura a Cargeghe i restauri della chiesa (dal settimanale “Libertà” del 13 ottobre 1940).

Associazioni.

Inaugurazione del quadro dei SS Patroni, 21 settembre 1941.

Pellegrinaggio parrocchiale alla SS Vergine delle Grazie, da “Libertà” del 18 maggio1942.

Nuovo pavimento del presbiterio della chiesa parrocchiale, 24 maggio 1942.


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Fonte

Quinque libri di Cargeghe (Archivio Storico Diocesano di Sassari)
Indice
Numero: 01
Diocesi: Sassari
Comune: Cargeghe
parrocchia: SS. Quirico e Giulitta
Luogo cons.: A. P.
Data: 1882 – 1906
Lingua: Italiano
PP. FF.: FF. 500


Nb oltre alla trascrizione, dove possibile, il testo è stato corretto e aggiornato.


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Don Giovanni Maria Satta istituisce erede la chiesa di Cargeghe nel 1831


I destini provvidenziali della chiesa parrocchiale di Cargeghe considerandoli dal lato puramente umano per controversie di tempi si credono già involti in tenebre misteriose. 

Era però scritto nel libro di Dio che nel tempo dovevasi suscitare anime veramente generose e grandi, le quali con le loro pietose elargizioni ne assicurassero ai poveri una sicura speranza. Il nobile avvocato don Giovanni Maria Satta temprato alla scuola dell’avventura dato un addio al frastuono del mondo con pubblico testamento fatto nel 1831 istituisce la chiesa parrocchiale di Cargeghe erede del suo vastissimo censo di famiglia. 

Il nome d’un sant’uomo passò sempre benedetto nel labbro delle passate generazioni ed oggi più che mai si ricorda con intima soddisfazione. E ciò con fondamento, giacché dalla tradizione costante raccogliesi essere stato il nobile don Giovanni Maria Satta un uomo che all’acutezza dell’ingegno accoppiava tutte le cristiane virtù. 

Per seguitar sviluppo d’ingegno e provata esperienza viaggiò spessissimo in continente malgrado le difficoltà dei tempi e dei mari. Ritornato in Sardegna, carico di regie onorificenze [?] solidamente la sua amicizia col celebre giureconsulto don Nanni Sassu ed ambedue ebbero l’onore d’incontrare l’augusto sovrano di Sardegna Carlo Felice nella solenne circostanza che venne a visitare la [?] città di Sassari ed il nobile avvocato ebbe contemporaneamente l’alto onore di ricevere dal municipio le chiavi della città per aprirla all’augusto personaggio ed assieme al nobile don Nanni Sassu sostennero il freno del regio cavallo. 

A una età piuttosto avanzata pensò accasarsi e impalmò una delle figlie del Marchese Monte Muros con la quale si ritirò a Cargeghe e per menar vita tranquilla e religiosa. Da questo matrimonio ebbero un figlio di nome Cicito. Questo figlio al canuto genitore era diventato doppiamente caro perché in lui aveva concentrato tutti gli affetti di sposo e di padre essendo la sua stimatissima consorte sopravvissuta al neonato figlio non più che pochi giorni. Su quest'uomo il povero trovava sollievo, l’afflitto il conforto, il pupillo e l'orfano il sostegno nella loro sventura. La sua familiarità unita alla sua influenza abbatteva gli odi componeva le famiglie in pace l’innocente perseguitato dalla giustizia in lui ritrovava il difensore.

In una parola il nobile don Giovanni Maria Satta siccome era il padre del povero e del derelitto, siccome era il difensore del calunniato così parimenti era il terrore dei malandrini che infestavano non solo i paesi circonvicini alla sua patria Cargeghe ma anche della Baronia. [?] [?] l’illustre uomo per la perdita della sua carissima consorte ma confortato dall’unigenito figlio Cicito, passava giorni allegri e tranquilli senonché era scritto nel libro del Signore, che dovesse sorso a sorso tracannare il liquido del calice del dolore giacché quando più sicuro credeva il suo caro figlio Cicito affezioni e paterne consolazioni nella verdissima età di anni undici ed un mese il morbo pestilenziale del vaiolo arabo che rapì improvvisamente dal cuore del vecchio genitore.

Stretto il tenero cuore dell’uomo settuagenario per la perdita del suo unico figlio altro pegno più caro non credette sul momento deporre sulla bara dell’estinto Cicito che i pochi suoi canuti capelli. Sopravvisse alla morte del figlio un anno e mesi cinque essendo morto il figlio negli ultimi mesi di settembre. In questo frattempo pensò effettivamente all’anima sua e a quella dei suoi cari e con testamento come sopra abbiamo riferito stipulato l’anno 1831 istituiva erede la chiesa parrocchiale di Cargeghe sotto l’invocazione dei Santi Martiri Quirico e Giulitta Patroni nostri. 

Benedetto egli rese nella tomba a quelle consolazioni che non poté fruire in terra la gloria oggi in cielo in merito della sua pietà cristiana. Raccolse l’ultimo suo spirito il teologo collegiato Giovanni Scarpa rettore di Cargeghe ma nativo di Nulvi.


Teologo Giovanni Scarpa, ingrandimento del cappellone, nuove statue dei Patroni, S. Lucia e Vergine dei Dolori, ostensorio d'argento


Questo dotto personaggio resse la parrocchia per anni 28 e poi fu fatto canonico della Cattedrale di Sassari.
Si devono al tempo del suo rettorato l'ultima costruzione del cappellone e l'ingrandimento del medesimo, le nuove statue di San Quirico e Giulitta, le statue di S. Lucia e della Vergine dei Dolori. Atterrò è vero la tribuna per timore dei muri della chiesa, ma li rinforzò con speroni formati a cantoni. Finalmente lasciò per ultima sua memoria un ostensorio in grande d'argento.


Don Lorenzo Nurra


La parrocchia di Cargeghe fu sempre provvista di persone dotte ed affabili e dopo qualche tempo di vacanza la parrocchia si vide provvista del pievano di Sorso nobile don Lorenzo Nurra di Thiesi. 

Costui lasciò impressa nella memoria dei suoi parrocchiani luminosissimi esempi d'affetto e di zelo per la sua chiesa. Si deve appunto a lui l'altare maggiore tutto formato di stucco. Le [?] le quali, malgrado il rilassamento dei successori, stettero salde fino a questi ultimi tempi di cui alle vecchie furono sostituite le nuove in marmo. 

Dall'argenteria di famiglia toccatagli in porzione formò un ostensorio piccolo che si usa nelle benedizioni domenicali. Dai suoi risparmi fece il calice delle solennità, di gran valore; e quando appunto incominciava a sviluppare i suoi grandiosi disegni rapporto ai restauri della chiesa, dopo circa due lustri di parrocato il 20 gennaio dell'anno 1852 lasciò parrocchia e parrocchiani nel più profondo cordoglio. Pochi mesi prima del suo decesso, quasi presagio della sua morte, non lontana, lasciò una somma per fare di ardesia il pavimento della parrocchia.


Filippo Serra, rettore dal 1853


Dopo undici mesi di vacanza al compianto rettore Nurra successe nel 1853 il teologo Filippo Serra del villaggio di Osilo. Venuto piuttosto con buoni auspici, non tardò a dimostrare la sua disaffezione alla parrocchia che in sposa aveva impalmato, perché forse troppo attaccato al suolo natio ed alle natie dignità. 

Certo il suo predecessore gli aveva lasciato un campo molto fecondo di frutti fecondi, ma la sua apatia verso quella [?] che generosamente l'aveva accolto. Lasciò il campo incolto e volse ad altri oggetti le sue mire e la sua attività. E qui, non per odio altrui ne per disprezzo, ma per amore della verità, conviene registrare gli argomenti comprovanti quella dolorosa verità.


Cade il campanile nel 1854


E primariamente avendo nel 1854 una terribile bufera attaccato il campanile della chiesa parrocchiale – che per la costruzione del medesimo aveva ereditato dal compianto rettore Nurra qualche somma, si dovette assistere per anni e anni al desolante spettacolo di vedere appese le campane parrocchiali a due pilastri come gli Ebrei nella schiavitù di Babilonia [suspenderunt in solicibus in medio eorum organa dolorum?]. 

Niente valsero per scongiurare simile disonore i richiami dell'Autorità Diocesana, niente le sollecite raccomandazioni dei parrocchiani che generosamente si offersero per i trasporti dei materiali dalla distrutta chiesa di S. Pietro posta nelle vicinanza del paese; niente [?] le note d'ufficio che partirono dall'autorità locale e soltanto dopo quindici e più anni ci regalò un campanile solido si, ma imperfetto nel finimento del medesimo.


Il Colera nel 1855


Nell'anno 1855 anno in cui la terribile malattia del colera morbus infierirà gettando la desolazione e lo spavento nelle campagne nei sobborghi e vieppiù nelle città settentrionali dell'isola, diede non dubbie prove del suo parrocchiale dovere!? È incontrovertibile la proporzione che, ove maggiore si manifestò il pericolo, maggiore dev'essere lo zelo del Clero e del proprio parroco. 

Senonché mentre quasi in tutti i posti dell'isola a migliaia si compiangevano le vittime iniettate dal contagioso malore, Cargeghe per intercessione dei Santi Quirico e Giulitta, restò immune da tanta sventura. Era questo un segno di divina predilezione ma il teologo Serra rettore più sollecito delle affezioni di famiglia che dei suoi figli parrocchiani, aveva stabilito abbandonarci. 

Per scongiurarlo da tal proposito [?] primari del paese, e la stessa autorità locale lo pregava caldamente a tenere la residenza in momenti così critici. Ma tutto fu inutile e mentre la malattia morbosa non era distante da Cargeghe che sette minuti serpeggiando crudelmente nel paese di Muros, di Ossi, Florinas ed altri posti circonvicini, il rettore Serra abbandonò la parrocchia. 

Non tardò però a sentire sul suo capo il castigo di Dio, giacché dopo due giorni con la rispettiva famiglia , fu reduce a Cargeghe, ma il paese trovandosi cordonato dall'autorità locale gli fu ordinato a ritirarsi nella chiesa rurale di S. Maria per ivi farvi la prescritta quarantena. 

Si ricevette è vero in seguito nel paese ma dovette seguire l'obbligo di passare fra i fumi aromatici e disinfettanti e di stare per circa un mese cordonato nella propria dimora. Dall'ora in poi sensibilissimamente una totale apatia per parrocchia e parrocchiani, ogni giorno a colpo d'occhio deperiva la nostra chiesa, la quale, ma invano, chiamava l'aiuto del pastore. Però non basta. La parrocchia dovette assistere ad altre tragiche scene.


Incameramento dei beni Ecclesiastici, 18 agosto 1867


Ed ecco del 19 agosto 1867 con la quale si autorizzava l'incameramento dei beni Ecclesiastici; ed ecco in un momento distrutte le generose disposizioni testamentarie del Cavaliere Satta; ed andate in fumo le speranza di giorni migliori per la chiesa. E qui conviene tributare una parola d'encomio al parroco teologo Filippo Serra, poiché qui spiegò tutta l'attività. 

Incamerati infatti i beni del legato Satta, protestò nel modo più energico presso il Demanio dello stato, che convocò in tribunale e dopo una lotta accanita e dispendiosa sostenuta anche in ultima istanza presso la cassazione di Firenze, riportò completa ed onorata vittoria. L'animo di tutti i parrocchiani si rinfrancò per tale interessantissimo risultato e tributavano lodi al parroco Serra. In progresso sua e[ccellenza] r[everendissi]ma lo nominò a canonico parroco della collegiata di Osilo; esortandolo perché prima della partenza finalmente rendesse alla Commissione od alla r[everenda] Contadoria turritana i conti di tutta la sua gestione.

[?] allo scrivente nonché alla commissione parrocchiale il [?] la parola dell'amministrazione locale, nonché quella del superiore furono parole morte, lasciando alla disgraziata parrocchia di Cargeghe la gran somma di lire dieci per far fronte alle spese del culto. Tutto era scomparso, patrimonio Satta venduto, legato pro parroco pro tempore alienato, soltanto lasciò mezzo diroccato il palazzo p[arrocchia]le e a [?] magazzino la chiesa. 

Alto il grido di dolore e indignazione dei Cargeghesi rappresentati dalla commissione parrocchiale guidata con mano di ferro dall'attuale parroco co-reggente teol[ogo] Pietro Pilo, arrivarono fino al sensibilissimo cuore di Monsignor Arcivescovo Marongiu. Le ragioni della chiesa furono al superiore rappresentate dal molto n[obil]e teologo collegiato Salvatore Tolu segretario arcivescovile e sovente con mano forte dagli illustrissimi e n[obilissi]mi monsignori, Arciprete e Vicario Generale Giovanni Battista Casula. 

Dal decano canonico [contadore?] Antonio Chessa e dal procuratore della causa pro canonico Giuseppe Panedda segretario arcivescovile. Sua eccellenza n[obilissim]o monsignor Arcivescovo prima che desse mano al nerbo della disciplina. [?] ed esortato in tutti i modi sia per la cosa dei conti, sia per la sostituzione del legato del parroco pro tempore, ma sotto vari sotterfugi evadeva le raccomandazioni. 

La Commissione però richiamava i diritti della parrocchia; finalmente finiti ed esauriti tutti i mezzi conciliativi, diede mano alla censura il giorno quattro del mese di maggio 1882 lo sospese a divinis. Allora s'ingaggiò lotta tremenda, ma dopo tre mesi di regolare punizione ad meliorem [?] reductum, diede presso la reverendissima Contadoria generale i nuovi conti; al parroco pro tempore il suo legato, benché smembrato [?] di [?] e del legittimo e legale ingresso. 

Avuta la somma necessaria si volse subito il pensiero ai desiderati restauri radicali della chiesa. S'iniziavano pratiche e calcoli l'imprenditore Signor Serapio Lintas presentò progetti e calcoli, e per ben due volte Cargeghe ebbe l'onore di essere visitato dall'amato suo superiore l'Arcivescovo d[o]n Diego Marongiu per avvicinare i termini un poco a [?] rapporto all'impresa. 

Le pratiche [?] riuscirono a [?] ed il 20 agosto 1883 s'iniziarono i lavori della chiesa parrocchiale. È inutile dire dello stato di deplorevole in cui versava la chiesa. Oltre la cappella nuova dedicata per testamentaria disposizione al precursore di Gesù Cristo S. Giovanni Battista, si restaurò quanto vi era da restaurare con l'aggiunta del nuovo magazzino per custodire le robe della chiesa. 

Di più si fecero le [?] in marmo con pulpito e cappella. Con l'ingegnere Signor Andrea Ugolini residente a Cagliari. Il tutto fu condotto con la massima economia ed esattezza ed il giorno 20 dicembre si collaudarono i lavori. I lavori poi in legname con la rispettiva [?] (dono della nobile Caterina Grondona [donna Caterina Grondona Solinas di Sassari, proprietaria di alcuni beni a Cargeghe e moglie di don Luigi Nurra Flores già sindaco del paese]) furono eseguiti dal falegname Giovanni Antonio Serra nativo di Ossi e domiciliato a Cargeghe. E con i voti e le speranze di coloro che ci precedettero nella vita, furono concretizzate di fatto presso i loro pronipoti.

Sistemate così le cose presso la direzione generale della chiesa, il bisogno richiedeva che la nostra parrocchia [?] pregavano i nostri padri calorosamente venisse bene [?]. E questa solenne cerimonia fu eseguita il giorno 23 dicembre 1889 col concorso non solo dell'intera comunità ma anche dei paesi circonvicini. Veramente fu commovente l'atto solenne e le lacrime non davano luogo alle [?] che il popolo cargeghese mandava al suo Dio per ringraziarlo di tale [?] e singolare beneficio ottenuto mediante l'intercessione di S. Quirico ed Giulitta. 

Era conveniente che il superiore desse segni di perdono al peccatore convertito, ed in proposito ordinò che la chiesa parrocchiale venisse benedetta con l'[assenza?] del parroco dal cessato rettore, oggi canonico parrocchiale dell'insigne Collegiata di Osilo. Con plauso ed allegria fu accettata la disposizione del superiore e con segni di simpatia fu ricevuto il teol[ogo] Filippo Serra. 

E perché la cerimonia sacra riuscisse più imponente e nei fedeli radicata ne rimanesse la cara memoria dell'atto compiutasi il 23 dicembre 1883, il parroco reggente pronunziò calde parole di circostanza con le quali richiamava alla mente dei suoi parrocchiani il desiderio degli avi i quali non potettero vedere ciò che noi abbiamo veduto e [toccato?]. 

La messa solenne fu detta dal r[everen]do canonico Serra, il quale egli pure disse parole d'affetto al quel popolo cavea governato per anni 29. E perché la presente storica memoria basata sopra criteri esatti di verità ne [?] a perpetua e solenne monumentare gli Atti parrocchiali il parroco che ha redatto il presente atto dopo averlo letto alla Commissione parrocchiale per eliminare ogni dubbio e difficoltà rapporto alla sua auto[?] [?] fa sottoscrivere da ciascun membro della su [?] Commissione.

Cargeghe 31 dicembre 1883.
Salvatore Tolu
Matteo Sanna
Teol[ogo] Pietro Pilo presidente




Nuova fonte battesimale in marmo della chiesa parrocchiale, 2 aprile 1890


Con deliberazione del 12 Settembre 1890 e [?] dall'autorità diocesana con decreto del 18 corrente mese si stabiliva dall'amministrazione p[arrocchia]le la costruzione d'una nuova cappella per collocarvi il fonte battesimale senonché per mancanza di fondi sul momento non si poté dar mano all'opera in quanto che i risparmi fatti dal [?] p[arroc]o non erano sufficienti per i lavori imprevisti. Intanto però la necessità giacché il vecchio fonte oltre all'indecenza d'una chiesa a fondo ristorata, occupava spazio non indifferente con incomodo della popolazione nelle solennità, con sacrifici, si diede mano all'opera. 

Si bilanciò per la cappella lire duecento, ma se ne sono spese quattrocento. Il fonte poi di marmo raggiunse la somma di lire settecento, non compreso il trasporto. Nel cancello si spesero lire sessanta cinque e nel pianellamento interno della cappella e nello spazio che occupava il fonte antico, si spesero lire quaranta cinque. 

L'amministrazione aveva soltanto in [serbo?] [?cento] (£200). La spesa totale andò a lire mille duecento (£1200), sicché il sott[oscritt]o anticipò per tale opera lire trecento (£300). Siccome era espresso desiderio del medesimo vedere definitivamente completata la sua parrocchia ad altre somme anticipate nella restaurazione generale di detta p[arrocchi]a, volle anche aggiungere questa, con la fiducia fiducia di rifarsi col tempo, e che finora non poté esigere nessuna somma.

Cappella e fonte furono collaudati il giorno due aprile 1890. E perché i miei successori ne conoscano l'epoca precisa, nel presente Lib[ro] ne inserisce questa memoria documenta.

Cargeghe dall'archivio p[arrocchia]le 5 Aprile 1890
firmato teologo Pietro Pilo r[ettor]e


Memoria della chiesa parrocchiale di Cargeghe: la nuova croce d'argento


L'anno del Signore mille ottocento novanta tre ed al cinque del mese di Settembre (1893 5 Settembre).
Facendo seguito alla memoria della chiesa parrocchiale di Cargeghe, perché perenne ne rimanga il documento per debito d'officio, il sott[oscritt]o [?] lo inserisce nel presente Libro.

E primariamente notasi che il cessato rettore nell'andare a prendere possesso alla dignità di canonico [parroco?] dell'insigne Collegiata di Osilo, teologo Filippo Serra [?] lasciare qualche minimo ricordo alla parrocchia che governò per 29 anni, una croce di qualche valore che aveva la chiesa, se la portò via, asserendo che era oggetto comprato dal suo denaro, nella gita che fece a Roma. 

Varie volte si pregò, si scongiurò che la restituisse alla parrocchia, ma sotto vani ed inutili argomenti, non si diede per inteso, lasciandola forse per dispetto nella casa del suo confidente, Baingio Lai. La parrocchia si rassegnò perché non trovò nei documenti parrocchiali alcun titolo per rivendicarla. Senonché mentre nel Serra resterà presso Dio e presso la società il rimorso, la Provvidenza non mancò perché finalmente la nostra parrocchia raggiungesse lo scopo per avere una croce d'argento, segno della comune [?].

Il sott[oscritt]o fino al giorno venti Novembre 1892 resse la parrocchia in qualità di vicario e per lo spazio di anni undici anticipò [?] per spese di culto, sia per altri bisogni speciali la somma di lire [780?]. nel detto giorno della presa di possesso ne fece un regalo alla sua parrocchia, [protestando?] però che alla prima circostanza si provvedesse [?] della croce d'argento prelevandone [?] dalla somma dovuta. Sua eccellenza [?] monsignor Arcivescovo d[o]n Diego Marongiu con sensi di stima accolse il regalo e la [proposta?].

Il sott[scritt]o ne diede subito incarico all'Ill[ustrissi]mo [?] Monsignor Salvatore Tolu di Cargeghe, il quale, nella circostanza che, per motivi di salute, si recò a Roma, l'ill[ustrissi]mo [?] monsignor [?] teologo colleg[ia]to Giuseppe Luigi Nurra, vicario generale della Diocesi Turritana, gli raccomandò perché presso qualche celebre artista facesse la commissione. Il [?] Vicario Generale Nurra ne assunse tutto l'impegno [?] tutto al celebre artista Sign[or] Schiavoni il quale ci fornì una croce del valore di quattrocento (400) ben cesellata e finita. E così finalmente, niente più [?] l'agire inqualificabile del Serra che, al danno aggiunse l'insulto, la nostra parrocchia ha la sua croce d'argento, conservata in apposita cassetta nella casa p[arrocchia]le.

E nel mentre il sott[oscritt]o raccomandasi che i successori tengano cara questa chiesa coi rispettivi oggetti, che costò tanti sacrifici al medesimo, e cure [?] non solo al sempre amato e venerato superiore ma al conterraneo canonico e teologo colleg[ia]to Salvatore Tolu che nella sua alta qualità di segretario arcivescovile, sostenne con [?] il Serra i diritti della parrocchia che sotto [false teorie?] ne aveva depauperato il patrimonio.
E perché la presente memoria ne rimanga come fedele documento ne viene sott[oscritt]a Sottoscritto in fede.

Cargeghe dall'archivio p[arrocchia]le il giorno otto del mese di settembre, giorno in cui la croce fu benedetta, 1893.
Teologo Pietro Pilo rettore


Piccole memorie tradizionali della chiesa rurale di S. Maria, e sulla leggenda di Tres Nuraghes


Alla distanza di venti minuti circa dal villaggio di Cargeghe esiste una piccola chiesa dedicata alla Natività di Maria Vergine. L’origine sua è antica e data secondo l’illustre servitore degli uomini illustri di Sardegna, don Pasqualino Tola, al declinare del secolo decimo come si può congetturare dalla biografia di Costantino I Re di Torres nato da Mariano I e Susanna Gunale nella seconda metà del secolo undecimo e che succedette al padre nel regno Turritano l’anno 1112. 

Gli annali dei Camaldolesi celebrano la sua pietà, la sua religione, la sua giustizia. Leggesi che a sua istanza, [Odericio?] abate spedisse nell’anno 1112 in Sardegna un monaco per nome Benedetto, per fondare un monastero nel regno Turritano, e che lo stesso benedetto alcuni anni dopo, creato vescovo, fu chiaro per santità di [?] e per miracoli, [?] la più accreditata opinione cui ci scrivono i [bollandisti?], sia che, Benedetto venisse in Sardegna l’anno 1089 e lui, l’anno seguente sia stato creato vescovo.

Questo Re Costantino fece all’Ordine Camaldolese ampie donazioni. Una di tali donazioni consiste nella chiesa di S. Maria e di S. Nicola de Soliu citata dal [?]. tale donazione fu scritta da Melaccio in Salvennor oggi Salvennero appositamente al villaggio di Ploaghe capo della Baronia ove esiste una chiesa dedicata a S. Antonio Abate datata al 13 settembre. Un’altra donazione della chiesa di S. Pietro di S[?] cum omnibus [?] et pertinentiis suis, col diritto di pesca nel fiume di Bosa, pubblicata dall’annalista [?].

Il donatore impreca tutte le maledizioni celesti contro chiunque osi infrangere la sua donazione e fra le altre maledizioni vi è questa: “Et mittatincis Dominus mortem papellae”. Le altre chiese donate furono S. Pietro de Cotronianos oggi Codrongianus, S. Michele e Lorenzo in Vanari oggi Banari e S. Maria in Contra che è appunto la nostra S. Maria de Contra. Oltre tale autentico Documento, la tradizione orale trasmessa da padre in figlio, senza interruzione è pervenuta fino a noi. 

Senza alcuna esitazione si è ricordata e tutt’ora è nella bocca di tutti. Sa pitiraca de s’incontru a poca distanza dalla chiesa. Abbiamo ricevuto da persone degne di fede, dietro mature osservazioni che dal viottolo abbia sortito questo nome, a motivo che il giorno otto settembre consacrato alla natività di Maria, l’Abate del monastero di Saccargia venendo ad esercitare il suo diritto sulla chiesa di S. Maria de Contra, facesse l’incontro nella chiesa parrocchiale di Cargeghe e la medesima rappresentata dal suo parroco, Clero ed i maggiorenti del paese, forse allora denominato Tres Nuraghes (esistono attualmente le vestigia di tre famosi runachi (nuraghi - ndc), uno inerente al monte di pietà, ove oggi trovasi la casa del comune, il secondo vicino alle case della fu signora Giovanna Maria Simula, oggi di Giuliano Carta, il terzo vicino alla parrocchia) accompagnavano il detto Abate alla chiesa. Che questa chiesa sia più antica del monastero di Saccargia [?] la medesima fu edificata, per volontà del Re Costantino l’anno 1112 epoca in cui la chiesa di S. Maria esisteva già come appare dall’atto di donazione. 

E siccome nell’atto di detta donazione, [?] della chiesa donata al monastero camaldolese dicesi che “cum hominibus et pertinentiis suis” così sebbene [senza?] delle difficoltà, potrebbe arguirsi che dette chiese tra le quali “S. Maria in Contra” esser stata popolata oppure esservi stato qualche piccolo monastero sotto la dipendenza dell’Abate di S. Maria di Saccargia. Tanto più che dalle storie monastiche rilevasi che le valli ombrose, silenziose e lontane dal tumulto del mondo erano le predilette dimore di quei uomini di Dio. 

Ora questa chiesuola, che alla distanza, come si è detto, di venti minuti, rispetto al paese, in maniera che, ogni fedele cristiano, quotidianamente andando nella parrocchia di S. Quirico per attendere ai doveri cristiani, può salutare la madre comune Maria SS.ma, è sta in un luogo ameno ma silenzioso, in un altipiano circondato da vigne da boschi e da un [vasto?] orizzonte che invita il fedele a dire “È questa la casa della madre di Dio”.

Esposti per [?] e per memoria dei posteri, questi brevi cenni dedotti in parte da documenti [?] ed in [parte?] dalla veridica tradizione, passiamo ora a dare qualche cenno alla struttura di detta chiesa. Essa è di stile a quanto pare pisano, ma il suo abside, come tutte le chiese antiche, è piccolo ma tutto il complesso inspira somma devozione. Ha una sola cappella con un quadro di grande dimensione che ha metri 2,50 di altezza per 1,50 di larghezza. Detto quadro rappresentata la natività della vergine. È molto espressiva la forma data dal pennello. Essa trovasi in mezzo a due ancelle. 

Alla parte superiore trovasi bene espressa nel suo letto S. Anna ed al lato S. Gioachino ed un’ancella che porta, in atto di presentarla alla puerpera, una scodella. L’atteggiamento di queste figure è semplice ma tocca il sublime del cuore per la venerazione che incute. La vergine con le rispettive ancelle, S. Anna e S. Gioachino sono di pennello antico, le altre figure S. Baquisio (Bachisio - ndc), S. Onofrio, S. Demetrio, S. Giorgio, sono figure aggiunte al quadro in tempo posteriore perché le prime dimostrano un pennello guidato con arte squisita, le altre dimostrano qualche decadenza segno certo in diversi periodi di tempo detto quadro fu finito. Il complesso però con le rispettive varietà dell’arte ti dimostrano un quadro artistico di valore ed ispirante grande devozione. 

Detto quadro [?] il paese, in maniera che il devoto visitata la chiesa e guardate le proporzioni del quadro, tutte le volte che si conduce alla parrocchia, guardando la chiesa, Maria dal cuore gli strappa un saluto, e le labbra sono pronte alla recita dell’Ave Maria. Inerenti al quadro si trova la mensa dell’altare e una pietra lunga un metro e cinquanta d’un solo formato secondo lo stile antico. La chiesa ha due ingressi uno per la parte di mezzogiorno, l’altro per la parte di ponente.

È da osservare che la porta d’ingresso per la parte di ponente è composta di soli quattro pilastri lavorati lungo [ciascuno?] metri 2,50. La cappella ove è collocato il grande quadro è composta di un soffitto antichissimo formato a quadrati simmetrici di valore non indifferente. La chiesa poi ha due portici. La loro costruzione è recente e data secondo una moneta ivi trovata nel fondo della cantonata, attualmente riparata, al 1760, al tempo della dinastia di Savoia e Monferrato.

Senonché siccome ogni cosa col correre del tempo e dei secoli, quando non avvi attività e [zelo?] o rovinano del tutto, oppure lentamente deperiscono, [così] quasi avveniva della nostra chiesa di S. Maria. Per lo spazio di ventinove anni e più (lo certifica la popolazione intera del paese di Cargeghe) la chiesa non conobbe alcuna minima riparazione, malgrado il [?] del paese cui ne stava a cuore la rovina, presso il rettore teologo Filippo Serra oggi canonico parroco di Osilo. 

Costui, sollecito soltanto di acquistare dignità presso la collegiata della patria Osilo, nonché forse troppo dominato dal nepotismo, rivolse ad altro le sue cure, e neppure si mosse nell’anno funesto della terribile malattia del collera dell’anno 1855, nella ricorrenza della festa della natività. La popolazione infatti sotto l’egida dell’autorità locale, in titolo di ringraziamento per essere stata la detta popolazione [?] dal terribile contagio, a fronte di altre popolazioni circonvicine ed a minime distanze, le quali videro i loro cari in [?] tempo ed in numero [?] scendere nella tomba, il detto rettore antecedentemente reduce da Osilo, avendo abbandonato il suo gregge nel viaggio periglioso, per rivendicarsi del cordonamento fattogli per un mese nella casa parrocchiale, volle rifiutarsi di funzionarsi non solo, ma [?] di aprire la chiesa cara di S. Maria. 

Ma la rispettabile giunta municipale fece [?] reclamo a S[ua] E[ccellenza] [?] monsignor Arcivescovo Varesini, il quale sotto pena di [sanzioni?] l’obbligò di attendere ai suoi doveri. L’[epoca?] fu segnalata, come fu segnata la sua [?], [?] anche verso la povera [?].

È superfluo dire parola dello stato della chiesa. Dico solo che richiede sollecita e pronta [attività?] per evitarne la rovina. Il sottoscritto che scrive questa pagina, escluso [ogni?] e qualunque emergenza che possa rigenerare diffidenza od altro, visto lo stato deplorevole della chiesa di S. Maria, fece appello al popolo ed in vari periodi ridusse chiesa e portici inerenti ad uno stato degno del Culto e dell’approvazione del superiore, non solo, ma di quanti per devozione visitano nel mese di maggio e di settembre, nonché in altre circostanze la chiesa di S. Maria. 

Essa chiesa non possiede alcuna rendita tranne un piccolo [atrio?], smembrato e non contestato in tempo legale, contro il proprietario Anto[nio] Maria Solinas dal cessato [rettore?]. in memoria dei recenti benefici la chiesa [?] [?] unanime del popolo, per il tempo del collera, ha stabilito di andarvi annualmente il secondo giorno dopo la Pentecoste, per attendere ai divini uffici e per suffragare le anime del Purgatorio ed in modo quelli che fuggiti essendo da Sassari ove terribilmente infuriava il collera, [?] collocati in quarantena [?] della chiesa, [?] vi morirono.

Per Cargeghe la devozione a Maria che con culto speciale venerasi in questa chiesuola è cara e ricca di più con memorie. Ed il sottoscritto nel mentre che calorosamente raccomanda ai suoi successori e posteri conterranei una tale devozione non solo, ma di conservare quale reliquia questo monumento, raccomandandosi parimenti perché congregati in un solo spirito di fede e di carità a pregare nella chiesa di S. Maria de Contra si ricordino dell’anima sua, come tributo di riconoscenza e d’affetto, per le premurose cure esercitato a vantaggio della chiesa alle speranze sue affidate.

Intanto col nome di Maria SSma de Contra il sotto[scritto] chiude questa relazione, o meglio memoria, perché col progresso del tempo e [?] dei secoli le venture generazioni abbiano certezza della nostra cara e sempre cara della chiesa di S. Maria de Contra.
E più per fede autentica di quanto sia scritto in queste pagine, il sotto[scritto] rettifica [?] tutto con la sua firma.

Cargeghe dall’archivio p[arrocchia]le 24 settembre giorno consacrato dalla chiesa, nostra madre affettuosa, alla SSma Vergine della Mercede 1893.
Teologo Pietro Pilo rettore p[arrocchia]le di Cargeghe.


Altre memorie sulla chiesa parrocchiale: nuovo andito


Facendo seguito alle memorie delle rispettive chiese del comune di Cargeghe, è pregio dell'opera in simile materia ricordare quanto, o di miglioramenti, o di restauri d'opera concepite ed attuate nei sacri recinti.

La chiesa parrocchiale di Cargeghe intanto, essendo quasi tutta nuova, per radicali miglioramenti e nuove opere di pianta in essa [contenute?] come si può rilevare dalle memorie scritte dal teologo Pietro Pilo, allora vicario p[arrocchia]le cioè dell'anno 1889, registrate in questo volume, mancava ancora un'altra opera di gran rilievo non solo, ma d'assoluta necessità, non solo per la parte estetica, ma anche per la pubblica igiene, cioè come era in antico al tempo del rettore Scarpa il quale non si sa per qual motivo atterrò la tribuna e chiuse l'antico ingresso. 

Qual opera, se da tempo fu nei voti dell'attuale rettore, non poté attuarla. Però nell'anno 1899 nel mese di ottobre si studiò tal progetto e, con rispettiva Deliberazione del 12 ottobre dello stesso anno, spedita al Superiore Diocesano Arcivescovo d[o]n Diego Marongiu Delrio, con sua sanzione del [?] del medesimo, ordinò che si desse mano all'opera. Dietro studio fatto in proposito dal parroco, assistito dal capomastro Foddai Sebastiano nativo di Cargeghe, si venne alla conclusione che per la riuscita d'un tale lavoro, era necessario dividere il magazzino per aver l'andito alla chiesa, il [vuoto?] [coprirlo?] a volta di mattoni bucati, assodata la detta volta di 27 metri quadrati, con un nuovo divisorio, dello spessore di m 0,70 alla base, con finimento di m 0,50. così si dette mano al lavoro ultimandolo il giorno 24 Dicembre dell'anno in corso, col collocamento della nuova [pila?] in marmo. 

I lavori in legname furono eseguiti dietro pubblico progetto dal falegname Serra Giovanni Ant[oni]o nativo di Ossi e domiciliato a Cargeghe. I lavori, [visati?] da persone tecniche, tanto in muratura che in legname, furono trovati eseguiti ottimamente in maniera da dover rilasciare dalla Commissione [?] richiedendolo, attestato di lode. La spesa [?] fu di lire 570 dico cinquecento settanta. Della qual somma, il teologo Pietro Pilo rettore, dispose sia d'un sussidio che dietro sue premure ottenne dal Governo in L. 260, sia di qualche piccola somma che restava alla chiesa in Lire 180, sia dal suo proprio.

E perché di tal memorie i successori ne abbiano cognizione, il sott[oscritt]o ne ha [prelevato?] il presente atto a perpetuo documento.

Cargeghe 4 gennaio 1898
Teol[ogo] Pietro Pilo rettore parrocchiale


Altre memorie sulla chiesa parrocchiale: il coro


Essendosi manifestato il bisogno di dare qualche decoro al coro della chiesa p[arrocchia]le, il sott[oscritt]o rettore, per togliere molti inconvenienti, dovette eliminare, ossia togliere dal medesimo coro due o tre banchi vecchi e tarlati che oltre l'indecenza, servivano d'ingombro. Per ciò con piccolo sussidio d'aiuto dal municipio con altre piccole somme, si è venuto nella determinazione di praticare cinque sedili nuovi, fissi nel muro in giro al coro. Il lavoro fu compiuto dal falegname Giovanni Ant[oni]o Serra. 

Il municipio diede lire venticinque, il [?] di altre Lire 12.50 compresi altri piccoli lavori fu dato dal rettore teologo Pietro Pilo. E così il giorno [17?] novembre il lavoro fu finito con soddisfazione di tutti.

Cargeghe 18 novembre dall'archivio parrocchiale 1898
Teol[ogo] Pietro Pilo rettore p[arrocchial]le


Altre memorie sulla chiesa parrocchiale: quadro della Vergine di Pompei


La chiesa parrocchiale di Cargeghe difettando di un quadro della Vergine di Pompei, essendosi introdotta una tale devozione, massima dopo le famose [?] del S[anto] Padre Leone decimo terzo, sulla pratica del Santo Rosario alla Vergine S[an]ti[ssi]ma il [?] fece così alla nobile d[on]na Maria Solinas, la quale avendo fatto un voto alla Vergine di Pompei per la [?] ed il conseguimento di [coronare?] e di ottimo successo, gli studi della sua figlia d[on]na Giuseppina [?] al collegio del Sacro Cuore S. [?] in Roma; di fare un quadro in grande rappresentante la Vergine del Rosario di Pompei. 

Le [?] furono esaudite, e la nobile d[on]na Maria Solinas ottenuta la [concessione?] del voto fatto per altra chiesa; consegnò alla parrocchia di Cargeghe il bellissimo quadro in grande formato del valore di oltre 79 Lire. [?] intanto grazie alla donazione; nel presente libro, se ne fa memoria, a perenne ricordo di tanta donatrice.

Cargeghe dall'archivio p[arrocchia]le 19 novembre 1898
teol[ogo] Pietro Pilo rettore p[arrocchia]le


Cappella di S. Antonio Abate


Esistendo nella chiesa p[arrocchia]le di Cargeghe una cappella sotto il titolo di S. Antonio Abate, la medesima stavasi in uno stato indecente per non dire d'interdizione. Come poter sopperire alle gravi spese per restituirla al culto e per togliere una stonatura dal complesso della chiesa che ora trovasi quasi tutta nuova? 

Certo che una tale cappella sarebbe stata rimessa al suo posto, se l'inerzia e la formale apatia del cessato rettore teol[ogo] Filippo Serra di Osilo, di funesta memoria [?]. [?] non avessero contraddetto ai voti spessissimo manifestati dall'[?] [?] Salvatore Simula vice-parroco di questa parrocchia. Egli varie volte pregò, importuno il rettore perché finalmente si decidesse di fare l'altare di S. Ant[oni]o nel migliore modo possibile, anche costruendolo in marmo. Ma con parole evasive deludeva sempre il voto del generoso offerente , finché sorpreso dalla morte tutto andò a monte (1864 – 8 agosto). 

Ne con i gravi redditi che annualmente introitava la parrocchia (essendo la 22? di tutta la Diocesi), pensò il rettore Serra, non solo alla cappella ma neanche alla stessa chiesa p[arrocchia]le che governò per anni 29, essendo sua cura principale il nepotismo terribile piaga che [?] tormentò i patrimoni della chiesa. Cessato il medesimo venne a Cargeghe l'attuale rettore teol[ogo] Pietro Pilo nativo del paese. Ma che poteva fare se in fondo di cassa non trovò che sole lire dieci, pochi [?] un litro d'olio per la lampada ed una chiesa quasi interdetta. Lotto petto a petto col cessato Amministratore per la restituzione dei conti e dopo lotta accanita [?] senso civile come canonico si venne ai conti appena si potettero rivendicare lire dodici mila con tale somma si procedette ai restauri radicali della parrocchia, non comprese le cappelle, che in progresso di tempo, con l'aiuto dei fedeli e del proprio [?] del parroco si potette addivenire a qualche restauro. 

Ne fanno testimonianza la cappella [?] di S. Giovanni Battista con la rispettiva statua acquistata a Palermo con Lire 400, l'antica cappella di S. Giuliano, oggi dedicata al Terzo Ordine di S. Francesco Assisi, il cui quadro fu regalato dall'attuale rettore, la cappella Auxilium Christianorum, tutta rifatta dalle fondamenta, che si ridusse a miglior stile e miglior forma. 

Come pensare alla superstite cappella di S. Ant[oni]o A[bate]. La parrocchia non poteva, perché da una semplice cartella di Lire [?00] non sufficienti alle spese del [lutto?] ed alle ordinarie riparazioni. Allora l'attuale rettore pensò rivolgersi [?] per il [Lutto?] e [?] pratiche fatte, conoscendone la necessità, [?] dei sussidi non solo, ma [?] vennero classificati annualmente. Ed è per questi sussidi e da risparmi fatti che si venne all'opera dell'altare in marmo della cappella di S. Ant[oni]o.

Voglio che resti a perpetua memoria in questo libro l'attività spiegata dal canonico Salvatore Tolu segretario arcivescovile, di quanto fece con l'architetto celebre cavaliere Sartorio per lo stabilirsi del prezzo, quale per riguardi al medesimo canonico lo ridusse a Lire 900, non comprese le spese ulteriori in Lire circa 200; e così il nostro altare in marmo per S. Ant[oni]o Abate fu collaudato il giorno quattordici luglio, vigila della festa di S. Quirico e Giulitta, patroni e della parrocchia, dell'anno 1899.
In testimonio del vero.

Cargeghe dall'archivio p[arrocchia]le 26 luglio 1899.
Teologo Pietro Pilo rettore parrocchiale


Monsignor Salvatore Tolu di Cargeghe Arcivescovo di Oristano


Il teologo collegiato Salvatore Tolu, canonico Turritano e segretario arcivescovile di S[ua] E[ccellenza] [?] monsignor Arcivescovo don Diego Marongiu, è nato a Cargeghe l'anno 1848 nel 24 del mese di maggio e battezzato il 26 maggio.

Nel giugno dell'anno 1899 venne eletto ed indi proclamato Arcivescovo di Oristano, con plauso universale, ed in modo speciale dalla patria Cargeghe che gli diede i natali. In memoria del fausto innalzamento alla sede d'Arborea, fece un dono alla sua parrocchia Cargeghe d'un paramento completo [?] da usarsi nella solennità di S. Quirico.

Auguriamo [vita e salute?], tanto per la santificazione dell'anima propria, come del suo gregge, e perché benché lontano non abbia mai a dimenticarsi dell'amata patria e parrocchia.

Cargeghe dall'archivio p[arrocchia]le 27 luglio 1899.
teol[ogo] Pietro Pilo rettore


Consacrazione dell'Arcivescovo Tolu. Reliquie dei Santi titolari


Il giorno 21 dicembre 1899 venne consacrato in [?] il canonico teol[ogo] collegiato Salvatore Tolu ad Arcivescovo di Oristano.
Il 20 gennaio 1900 prese solenne possesso dell'Arcivescovado. Fu accompagnato da [?] a Oristano da due canonici della Cattedrale d'Arborea, [?] e canonico Enna, dal teol[ogo] Pietro Pilo rettore di Cargeghe e parente del medesimo, nonché dal teol[ogo] Filippo Serra canonico parroco di Osilo. I parenti tutti si fecero dovere d'accompagnarlo. 

Il lungo percorso da Sassari a Oristano fu una continua ovazione delle popolazioni circonvicine al passaggio e fermate del treno ferroviario. L'accoglienza poi fatta a Oristano superò ogni aspettativa. Fu un vero ingresso trionfale, insomma l'intera città l'accolse con entusiasmo. Però la solennità della festa per il nuovo Arcivescovo, fu gravemente turbata, perché dopo soli cinque giorni dalla presa di possesso, morì la madre Francesca Demartis all'età di anni settanta. Questa madre ebbe la [?] di salutare il figlio Arcivescovo, e tosto sparì dalla scena del mondo per riposarsi in Dio.

È bene notare ancora nel presente libro che l'Arcivescovo Salvatore Tolu prima di allontanarsi da Sassari, si fece dovere di visitare la sua patria , e pregare ai piedi dell'altare di S. Quirico e Giulitta, Santi nostri titolari nella cui chiesa fu battezzato l'Arcivescovo.

È inutile riferire l'accoglienza festosa che gli fece la patria, la quale con a capo il municipio, le confraternite e le bandiere andavano andavano ad incontrarlo fuori del paese fra il suono giulivo delle campane e gli evviva fu accompagnato alla propria casa e con l'ultimo giorno dell'anno 1899 nella chiesa parrocchiale gremita di popolo allegro e festante, dopo con breve discorso di circostanza recitato dal rettore, si intonò il solenne cantico di ringraziamento, chiudendo la solennità con la benedizione del Santissimo.

L'Arcivescovo Tolu benché lontano dalla patria non la dimenticò; perché dietro suo formale interessamento a Roma, si ebbero le reliquie dei nostri Santi titolari, con rispettivo rescritto. È perché nella festa dei nostri Santi, oltre il caldo esterno e la Solennità, non mancassero i frutti spirituali con altro rescritto, ottenne dal romano Pontefice Leone XIII la bolla d'indulgenza plenaria [?] [?] dalla sera del vespro fino alla sera della festa, applicabile anche ai defunti, ossia dalla sera del 14 luglio alla sera del [?] del medesimo.

E nel mentre si augura all'Arcivescovo di Oristano lunga vita, scevra da ogni incomodo e ricca d'ogni bene spirituale e temporale, il sottoscritto che ne ha redatto la presente memoria a perpetuo monumento per le future generazioni della nostra patria, ne firma il presente atto per la sua storica autenticità.

Cargeghe 25 giugno 1900 – Teologo Pietro Pilo rettore parrocchiale.


Acquisto della nuova campana


Benché il campanile della nostra chiesa p[arrocchia]le avesse due campane, una grande che la cui esistenza data all'anno [?], ed una piccola che data all'anno [?] [?] il sottoscritto rettore vedendone il bisogno, sia per la p[arrocchia]le come anche per la convenienza estetica del campanile il cui piano superiore del medesimo è di quattro arcate due soltanto occupate dalle attuali campane, e le altre sprovviste, d'accordo col suo superiore diocesano Arcivescovo d[o]n Diego Marongiu Delrio e con la Commissione locale, è venuto nella determinazione di farne acquisto di un'altra, così le tre arcate del campanile prospettanti il paese esserne occupate. E nel mentre, nelle Solennità, si aveva sempre il solito suono, ora nelle medesime si ha il segno solenne delle medesime. La spesa è di Lire 100, avendone dato in acconto due vecchie di poco calibro è di calibro di chilogrammi 27½.

Per circostanze eccezionali, il nostro Arcivescovo non le poté benedire, e ne diede il mandato all'Arcivescovo di Oristano teol[ogo] colleg[ia]to d[o]n Salvatore Tolu, nativo di Cargeghe, che per circostanza si trovava a Sassari: e così la sera del 14 settembre con grande solennità, unitamente a quella di Muros furono benedette sotto il titolo dei SS. Mm Quirico e Giulitta, nonché titolari. Assistettero alla Solennità, coll'intervento della popolazione d Cargeghe, Muros ed Ossi, i Parroci di Muros e di Ossi con la Presidenza del rettore di Cargeghe.

E perché ne resti [?] il ricordo di tale solennità, il sopraddetto R[etto]re ne firma il presente verbale redatto dal medesimo.

Cargeghe 19 settembre 1902.
Teologo Pietro Pilo rettore parrocchiale.


Distruzione metà del campanile, 27 gennaio 1905. Riparazione del campanile della chiesa


Era la notte del 27 gennaio dell'anno 1905 ed un vento impetuosissimo [ad uso?] ciclone, si scatenava, terrorizzando l'intera popolazione producendo danni immensi nella campagna e nelle piante d'alto fusto. Tra i danni gravissimi, si ebbe il giorno appresso a lamentare la distruzione poco più della metà del campanile formato ad alta torre, e con in cima la statua della Vergine Immacolata; l'urto fu terribile. La statua si riebbe a frantumi. La cupola si riversò nei tetti del cappellone, cagionando danni immensi nei rispettivi tetti dell'intero edificio. 

Vi fu anche la supposizione che, qualche fulmine avesse anche cooperato al danno. Che fare in mezzo a tanta iattura?! Provvedere tosto alla completa riedificazione della parte distrutta!? Ma donde procurare i mezzi, se la parrocchia non poteva disporre che somme minime, avendo soltanto una cartella di Lire 300?

il parroco impensierito oltre modo, non sapeva come bilanciarsi. Fece appello al popolo il quale, benché volenteroso, non poteva niente rispondere perché stremato dalla povertà e dalle pessime annate. Senonché il Rettore dopo essersi raccomandata ai suoi Santi titolari Quirico e Giulitta, coraggioso affrontò la spesa dell'impresa dei lavori da eseguire nel campanile. Consultato il superiore don Diego Marongiu Arcivescovo Turritano, e conoscendo la posizione finanziaria della parrocchia, s'addolorò, rispondendo di abbandonarci in mano della Provvidenza, e che il parroco con suo ben noto zelo avrebbe provveduto.

Rincuorato da simile raccomandazione, il parroco tosto chiamò il capomastro Foddai Sebastiano, con rispettiva patente tecnica, e gli diede l'incarico di formulare un calcolo con rispettivo disegno: dopo vari giorni di studi; presentò abbattuto il disegno consistente quanto in appresso. Cioè aver trovato la cupola del campanile tutta rovinata, essere anche in dissesto il rispettivo piano delle campane [?] inutile ogni riparazione, [?] una per 3,85 doversi rifare portando il piano delle dette campane alla sopraddetta altezza di 3,85 uguale al danneggiato. Inoltre rifare e riformare con apposito disegno la cupola con rispettiva aguglia, indi sopra collocarvi una croce alta metri 3,50.

la spesa essere con tutta economia, sia rapporto alla qualità dei materiali cioè in soli cantoni in n° 800 a Lire 50 il cento, materiali in legname per i rispettivi ponteggi e i mattoni n° 800 a sei buchi a lire 12,50 il cento, non calcolato il trasporto, mattoni verniciati n° 500 a Lire [15?] il cento, non calcolato trasporto e cemento botti due, calce ed altri materiali compresa la manodopera in Lire 1000, dico mille. 

Ma dal calcolo così specificato, venne da persone d'arte esaminato, e trovò che non si poteva togliere alcuna somma del progetto presentato, perché fatto con la massima economia, trattandosi di opere di chiesa. Allora il parroco gli diede l'incarico con rispettivo contratto legalmente redatto e con le condizioni rispettive all'uopo; in data 27 marzo corrente anno 1905; e che alla presente e che alla presente memoria [d'inserirle?]. Ultimata la costruzione prima del collaudo, si pensò anche, per evitare in progresso di tempo ulteriori, ulteriori disgrazie, di collocare in detto campanile un parafulmine. 

Si apponevano i mezzi e per i mezzi e per aiuto ebbe l'offerta di una generosa signora in Lire cinquanta, sobbarcandosi il parroco al resto della somma altre Lire cinquanta e così il campanile di Cargeghe fu collaudato il giorno 18 giugno con somma allegrezza della parrocchia e dell'intera popolazione.

E qui prima di chiudere la presente memoria è [?] mandare un saluto al capomastro Foddai, patentato tecnico, il quale con amore e soddisfazione, e senza lamentare alcun [?] durante i difficili lavori, condusse l'opera a termine. E siccome per contratto dovevasi il piano delle campane innalzare per [soli?] metri 3,80 il detto Foddai, per speciale benemerenza della parrocchia, spinse oltre il contratto. E così il campanile della chiesa parrocchiale di Cargeghe, che prima compresa aguglia e statua che gli stava a cavalieri sopra un'altezza di soli metri [17?]. Oggi trovasi all'altezza di [27,89?] non compresa la croce che ha un'altezza di metri 1,50, nonché l'asta del parafulmine d'altezza di metri [3,50?].

e perché niente si perda di memoria di quanto sotto il mio rettorato si è fatto, come risulta dai documenti da me scritti in altre memorie dal 1881al 1905; epoca della quasi totale costruzione del nostro campanile, [?] redatto il presente memoriale con tutte rispettive circostanze di stato economico dell'amministrazione p[arrocchia]le. In fede.

Teologo Pietro Pilo rettore p[arrocchia]le.
Cargeghe dall'archivio parocchiale di San Quirico e Giulitta.
27 giugno 1905


Seconda memoria sul campanile


La notte del 27 gennaio 1905, notte accompagnata da terribili scariche elettriche, nel mentre atterrava metà del campanile della chiesa parrocchiale e rovinava la statua della Vergine Immacolata che sedeva a cavaliere del detto campanile, danneggiava anche una delle campane che, di recente era stata acquistata, in modo da renderla inetta completamente al culto. 

Il parroco teologo Pietro Pilo dolente di tanta iattura nella sua chiesa, ove ha speso tutte le sue economie per renderla degna casa del Signore, non si perdette d'animo e fidente nei suoi Santi titolari Quirico e Giulitta, affrontò la non indifferente somma di L. 8920,02 per rimettere a posto il campanile nella posizione in cui ora si trova, come risulta dai calcoli fatti ed approvati dall'ingegnere Domenico Bettinali. 

Rimaneva ancora l'aggiunta della campana, in sostituzione della rovinata. E si provvide anche per questo, dandone l'incarico alla fonderia di Tempio. La campana si ebbe ed il giorno quattro novembre venne con solennità e pompa consacrata dall'amatissimo nostro Arcivescovo don Emilio Parodi assistito da reverendi monsignori canonico Ortu e canonico Cugusi segretario arcivescovile nonché dai [?] reverendi signori parroci di Muros, reverendo Chessa, dal parroco di Ossi teol[ogo] Giovanni Pinna, dal reverendo parroco di Florinas teol[ogo] Giommario Delrio, nonché dal teol[ogo] [?] Ant[oni]o Francesco, parimenti di Florinas. 

L'Arcivescovo trovandosi in mezzo ad un popolo festante ed amante del suo superiore e padre, gli rivolse calde parole, esortandolo a sempre mantenersi all'avita religione, non solo a parole, ma coi fatti, [?] temendo il turbinio del mondo. L'addio poi dato ai buoni parrocchiani cargeghesi fu commovente, lasciando come grata memoria della sua visita, nella solenne ricorrenza della consacrazione della campana. E perché [?] in perpetuo un tale consolante ricordo, il sott[oscritt]o parroco, ne ha [?] la presente memoria, come atto solenne della parrocchia.

Dato a Cargeghe il giorno 7 settembre 1906.
Teologo Pietro Pilo rettore parrocchiale.


Elenco dei parroci che dal 1562 fino al presente ressero la parrocchia dei SS. MM. Quirico e Giulitta in Cargeghe e relative osservazioni


1) DAPILA Giuseppe. Regnò dall'anno 1562 al 1571.
Nota
Niente si sa sulla vita di questo primo (il primo che compare nei Quinque libri - ndc) parroco di Cargeghe e di Muros, e la tradizione popolare non ha tramandato alcuna memoria di lui. Dai libri parrocchiali si apprende che regnò dall'anno 1562 fino all'anno 1571. Dagli stessi libri risulta che le due parrocchie di Cargeghe e di Muros erano amministrate da un solo parroco, questi aveva domicilio in Cargeghe ed entrambe le parrocchie avevano un viceparroco ed altri sacerdoti. I parroci di Cargeghe furono anche parroci di Muros fino al 1682, tempo in cui vennero sdoppiate le parrocchie e l'amministrazione, ed a Muros si nominò il titolare.


2) DAQUENA Andrea, 1581 – 1590
Nota
Non si conosce memoria di questo parroco.


3) OLMO Giov[anni] Maria di Sassari, 1591 – 1635 ( su questo parroco vedi anche l'articolo: La Sacra Famiglia di Cargeghe e il rettore Juan Maria del Olmo
- ndc)
Si apprende dalle tradizioni popolari che Olmo era un uomo dotto e di grandi virtù cristiane. Buono e caritatevole, il padre del suo popolo, che l'amava con tenerezza di affetto, e riconoscente dei benefici ricevuti, gli dedicò una via “Via de S'Ulumu (Largo Olmo, attualmente lo slargo di via Roma di fronte alla macelleria Oggiano – ndc). Questo parroco firmava i suoi atti col cognome “Ulumu” e solamente in italiano scriveva “Olmo”. Venne nel 1635 eletto Vescovo di Bosa, ma non si sa se abbia preso o no possesso della diocesi assegnatagli (ne prese possesso fino all'anno della sua morte nel 1639 – ndc). Si dice sia morto poco dopo la consacrazione primaziale, e prima di raggiungere la sua nuova destinazione. Era un uomo largo e generoso, ma positivo e di tempra ferrea.


4) CILLARA Pietro Giovanni, 1636 – 1649


5) TAVERA MANCA Gavino, 1650 - 1661


6) BRANCA teol[ogo] Gavino, 1662 - 1665


7) SUZARELLU Giovanni Salvatore, 1666 - 1668


8) DE MARCHIS (DE MARTIS – ndc) Giovanni Gavino, 1673 - 1682


9) DE QUERQUI teol[ogo] Antonio, 1690 – 1704


È il primo parroco che resse la parrocchia di Cargeghe, dopo lo scioglimento da quella di Muros. Uomo integro, intelligente, dotto, operoso, fu sempre amato dai suoi parrocchiani.


10) DELIPERI Pietro, 1708 – 1714


11) SATTA Antonio, 1718 - 1727


12) OGGIANO Michele, 1728 – 1732


13) CANALIS Giovanni, 1732 – 1739


14) MURA teol[ogo] Carlo, 1739 – 1762


15) PINNA, dottore in ambe leggi, Giuseppe, 1769 – 1795. Nato a Ittiri.


16) MANCA Giovanni Maria, 1795 – 1799


17) FADDA Raimondo 1800 – 1803. Nato a Ossi.


18) COSSU teol[ogo] coll[egiato] Francesco, 1804 – 1811


19) SCARPA teol[ogo] coll[egiato] Giovanni, 1814 – 1842. Di Nulvi.


Fu un parroco dotto ed esemplare e perciò amato dai suoi parrocchiani. Migliorò ed abbellì la chiesa parrocchiale, e fu sempre attivo e zelante per il bene delle anime. La sua memoria benedetta resta sempre nel popolo cargeghese. Nel 1842 venne nominato canonico turritano, ove morì carico di anni e di meriti fra il compianto di quanti lo conobbero, lasciando larga eredità di affetti.


20) NURRA nobile don Lorenzo. Nato a Thiesi.


Era frate cappuccino ex pievano di Sorso ed apparteneva alla più alta nobiltà di Sassari. Era [?] e molto generoso coi poveri. Uomo pio ed esemplare, godeva la stima di tutti i parrocchiani, i quali in lui trovavano un vero padre. La [sfera?] grande d'argento è [?] suo, la fece fare con la fusione delle posaterie ed oggetti diversi d'argento di sua proprietà.


21) SERRA teol[ogo] Filippo Felice di Osilo, 1853 – 1881


22) PILO d[on] Pietro, pro dottore in teologia, 1882 – 1911. Nato in Cargeghe.


23) SANNA d[on] Antonio, pro dottore in teologia, 1912 – 1940. Nato in Sassari.


24) SECHI mons[ignor] don Vincenzo, 1940 – 1949


Nato in Bonorva il 1907, venne da Sassari in questa parrocchia il 31 maggio 1940, prese possesso [?] il 21 settembre 1941. Restaurò la chiesa e la decorò come poté di sua mano. Nel gennaio del 1947 fu nominato [?] [?] di SS. Nel gennaio 1949 fu trasferito con bolle arcivescovili a Ploaghe come arciprete parroco.


Cronistoria dei fatti più importanti della parrocchia di Cargeghe dal 1940


Dopo molti anni di silenzio nella storia di questa parrocchia si riprende per sentimento di giustizia la [?] narrazione dei fatti più importanti. Non potendo colmare la lacuna storica dal 1906 lasciata dopo la narrazione del rettore Pietro Pilo di [v.m.?] si riprende la narrazione dal 1940.

Dopo quasi trent'anni di governo della parrocchia si ritirò per motivi di salute il n[ostro?] r[everendo] sac[erdote] d[on] Antonio Sanna nel 6 febbraio 1940, e si recò per trascorrere la sua vita a Porto Torres.

Molti fatti importanti importanti si compirono durante la sua amministrazione di cui però il sottoscritto non può dare memoria più ampia non avendo – per il momento – tra le mani dei documenti. Accennavasi alla costruzione degli altari laterali in marmo e all'opera benefica della costruzione dell'asilo dono del n[obile?] h[?] Gio Maria Corda, compiutasi durante il suo governo.

Il primo giugno 1940 venne in questa parrocchia il sac[erdote] Vincenzo Sechi, già segretario e cerimoniere arciv[escovi]le.
La chiesa tanto materiale che spirituale avevano urgente bisogno di cure. Anche le chiese di S. Croce e di S. M. di Contra si trovano in pessime condizioni.

Tuttavia bisognava prima cominciare dalla chiesa parrocchiale. Tetti rovinati, mura annerite, tavoli [?], intonaci in parte caduti, biancheria frusta e insufficiente, danno l'aspetto di una chiesa, se non abbandonata, almeno un po' dimenticata. Si diede attorno e sfruttò l'occasione dell'accampamento di un gruppo di artiglieria nel territorio di Cargeghe per iniziare i lavori. Incoraggiato da mons. Arcivescovo si assunse la direzione e responsabilità diretta dei lavori, che data l'esiguità dei mezzi, si doverono condurre a termine in massima economia.


Monsignor Arcivescovo inaugura a Cargeghe i restauri della chiesa (dal settimanale “Libertà” del 13 ottobre 1940)


I Restauri
La prima parte dei lavori di restauro della nostra chiesa è quasi ultimato. La nostra chiesa ne è venuta fuori trasformata perché ha assunto una forma molto più snella e classica. La demolizione della parte superiore dell'altare maggiore ha messo in evidenza la bellissima abside, - prima completamente coperta dal mastodontico altare e annessi, - che dà alla chiesa una profondità maggiore ed è da se stessa il più bell'ornamento.

Furono aperte due feritoie con vetri disegnati che illuminavano con la luce moderata tutta l'abside e le pareti laterali tutte decorate in finto marmo ed il catino dell'abside dal cassettonato fuggente, cui sovrasta con tinte tenuissime la figura di Gesù sacerdote che nell'affresco tiene le braccia distese a forma di croce.

La volta dell'altare maggiore è completamente decorata con cassettonato, e le lesene degli archetti hanno decorazioni simboliche: colombe in adorazione davanti al monogramma di Cristo, e sotto il primo arco i simbolici cervi che si dissetano alla fonte portanti fra le corna il monogramma e l'ancora.

Il frontale del medesimo altare contornato da una ricca cornice ha in alto due figure di angeli al naturale ad ali tese, invitanti alla preghiera e in atto di portare in cielo le preghiere dei fedeli. La decorazione della parte mediana nella chiesa resta più modesta, ma tuttavia decorosa ed elegante, senza pretese.

Altri lavori eseguiti, oltre la rinnovazione totale – ex novo – dei tetti, comprende l'apertura di parecchie feritoie a tutto arco, la chiusura di alcune finestre e nicchie, l'apertura di una nuova porta di accesso al campanile dall'interno della chiesa, la pavimentazione dell'altare del S. Cuore, di una parte del presbiterio e dell'abside.
Molti lavori hanno presentato delle difficoltà, particolarmente la pulizia della volta della chiesa, dati i mezzi ridotti di cui si poteva disporre, ma la volontà e il coraggio dei soldati arrivò a tutto.

Anche la decorazione della chiesa fece fare ai soldati non pochi sacrifici, perché il ponteggio era necessario per gli altri lavori.
Anche il nostro don Sechi oltre la direzione per tutto il lavoro in genere e per la decorazione in particolare, dovette personalmente provvedere a quasi tutta la decorazione lavorando ore e ore con passo poco sicuro in alto ai ponti, parecchie volte fino a tarda notte, coadiuvato dai soldati che avevano completamente capito i nuovi gusti e si erano adattati ad evitare tutte le tinte forti tanto nella colorazione che nella decorazione delle volte e delle pareti.

I restauri eseguiti finora, importanti per il complesso di lavori che richiedevano perizia da parte degli operai e molta spesa sono di importanza non discutibile, e di questo ne fa fede non soltanto il giudizio di persone competenti, ma anche del popolo, che si era commosso al veder cadere l'altare – troppo materiale – e le statue di pregio molto criticabile, ormai sanno apprezzare il lavoro quasi... compiuto.

Il lavoro non è del tutto finito. Ci sarà un altro piano regolatore, che, rispettando quanto si è già fatto, dovrà portare la chiesa ad una armonia discreta ed a una maggiore simmetria.
La popolazione ha manifestato la sua gratitudine ai buoni soldati offrendo ad essi varie volte cene e pranzi e supplementi al rancio. Il commiss[ario] prefettizio Enrico Ruiu regalò una pecora per il pranzo di chiusura, fatto nella casa parrocchiale.


L'inaugurazione
Avevamo desiderato che mons. Arcivescovo, che si era interessato dei lavori, e che due volte era venuto appositamente a visitarli, potesse vederli a miglior punto e personalmente inaugurasse i restauri compiuti.

Per sentimento doveroso di gratitudine per il lavoro gratuitamente perseguito dai militari, era stato invitato il comandante della divisione «Calabria» gen[erale] Carlo Petra di Caccuri, che si fece rappresentare.

Per rendere più solenne la cerimonia il comandante del gruppo di Cargeghe Col[onnello] Lungarotti, il comandante del gruppo di Muros magg[iore] Serra, tutti gli ufficiali del III gruppo, ed una compagnia di soldati che rendeva gli onori militari davanti alla parrocchiale.

Mons. Arcivescovo arrivava accompagnato da D. P. Dedola e da In. Pancrazio. Ossequiato dalle autorità, mons. Arcivescovo si recava direttamente nella chiesa e dava subito inizio alla celebrazione della messa.

Al Vangelo, dopo avere accennato alle opere di bene compiute dai militari nei luoghi dove si fermavano già fin dai tempi evangelici nelle sinagoghe, più tardi nelle basiliche, nei luoghi santi e adesso nelle chiese e nelle parrocchie povere, rivolgeva la sua parola al comandante col[onnello] Lungarotti ed ai soldati e ufficiali del III gruppo, che rinnovando le tradizioni cristiane degli eserciti avevano compiuto una grande opera di bene.

Manifestava ad esse la gratitudine che la Diocesi, da lui rappresentata, che la chiesa, aveva per essi e per quanti avevano cooperato con offerte in denaro e in opera a rendere meno indegna per il Signore la Sua casa. Concludeva raccomandando ancora di continuare nell'opera di bene per completare quanto manca, perché la chiesa possa dirsi ben finita.

Dopo la messa mons. Arcivescovo, i colonnelli, il comm[issario] pref[ettizio], il segretario politico, gli ufficiali si recavano nella casa parrocchiale per un piccolo trattamento. Mons. Arcivescovo ed il rappresentante del generale ripartivano quindi per le loro sedi. Mentre ringraziavano quanti furono artefici di questi lavori non possiamo tacere i nomi dei buoni soldati che prestarono la loro opera nella chiesa:

Are Salvatore, Branca Umberto, Fancellu Paolo, Fozzi Giov. Angelo, Giaconi Ottavio, Loriga Proto, Masu Antonio, Mura Gavino, Ortu Salvatore, Spano Luigi, Tanca Vincenzo.
lavorarono per qualche tempo:
Carbia Giovanni, Daga Antonio, Lai Mario.


Associazioni


Dopo i primi restauri materiali era necessaria una ripresa spirituale. Le associazioni [?] delle figlie di Maria e del S. Cuore, e quella di Giov[ani?] Femmine di A[zione] C[attolica] vivevano abbastanza in efficienza.
Era necessario provvedere alla istituzione delle altre associazioni di A[zione] C[attolica] che non esistevano o che si erano sfasciate.

Qui non si intende dar colpa al cessato parroco perché per esperienza il suo successore può giudicare della incostanza dei membri delle associazioni e sa che nonostante il parroco si faccia pure a pezzi la resa è assai poca.
Furono curati assai i confratelli e le consorelle perché potesse rifiorire come nel passato l'antichissima confraternita di Cargeghe, così gloriosa. Fu spiegato il nuovo regolamento-statuto e fatta fare domanda e promessa scritta di osservarlo da tutti e si celebrò la rinascita con la professione dei confratelli.

Nel novembre 1940 si ridiede vita alla associazione Giov[anile] maschile di A.C. che si intitola a “S. Giovanni Battista”. Ebbe degli inizi meravigliosi sia per il numero dei soci che per la frequenza alle riunioni e funzioni, che per lo studio della religione, ma soprattutto per la frequenza ai SS Sacramenti.
Per la festa del Corpus Domini si benedì la bandiera. In un anno magnifico di vita sociale, per la fraternità che animò i soci, per le gite e per le recite dati al pubblico tanto dai soci effettivi che aspiranti.

L'associazione uomini di A.C.
Non si era riusciti mai a mettere su l'associazione uomini: molte erano e sono le difficoltà. Ma anche queste pian piano vennero riparate e così si poté inaugurare anche questa associazione che si intitolò a San Giuseppe patriarca e patrono della Chiesa, modello di ogni capo famiglia.

Si provvide anche all'organizzazione mediante l'elezione dei dirigenti e la conferma del consiglio diocesano.
Il movimento di A.C. Entusiasmò gli uomini nell'inizio, e costarono al parroco molto sacrificio perché molte difficoltà si può dire sorgevano ad ogni passo, ma per la frequenza alle riunioni che per le altre attività di associazione. Ogni anno si constata un piccolo risveglio, ma si spera che anche essi capiranno la necessità di organizzarsi per poter rispondere alle alte finalità dell'A.C.

Primo presidente fu nominato dai soci Ruju Salvatore, fu Francesco, v[ice] presidente Marras [?], cassiere [?] [?], segretario Marras Giovanni. Nonostante gli sforzi l'associazione uomini dopo il primo anno di vita discreta, ebbe poi vita grama e stentata per l'apatia dei soci.


Inaugurazione del quadro dei SS Patroni, 21 settembre 1941


Per sistemare l'abside scoperta del cappellone dell'altare maggiore il parroco don Sechi fece eseguire un quadro dei SS Patroni da collocare al centro dell'abside. Il quadro delle dimensioni di m. 2 X 1,60 fu eseguito dal giovane artista Spada Costantino. Il parroco avrebbe voluto fare eseguire il quadro da un artista di valore, ma la spesa preventivata era troppo forte e dovette rinunciare ai suoi desideri artistici. 

Si accontentò allora di far eseguire da Spada il quadro. Lo Spada, assai giovane richiedeva una somma possibile. Del resto il quadro si potrà sempre far eseguire di nuovo, se qualcuno vorrà offrire la somma necessaria oppure in tempi più fausti si potrà eseguire un affresco artistico contornato da cornice in [marmo?] o almeno in stucco dorato.
Il quadro rappresenta S. Giulitta portante nel braccio sinistro S. Quirico contornati da angeli che portano gli oggetti del martirio.

Come esecuzione artistica: ben eseguite le figure principali dei SS. Patroni. Gli angeli sono troppo in vista al primo piano e tolgono troppa luce alle figure principali, che nel desiderio del parroco [?] avrebbero dovuto troneggiare di luce più [?]. la inaugurazione solenne fu fatta fu fatta il 21 settembre 1941 dal rev[erendiss]imo mons. Damiano Filia, vicario gen[era]le, presente mons. Nicolò Tolu di Cargeghe, ed altri reverendi [?].

Don Sechi prese in forma privata possesso canonico della parrocchia. All'ultimo momento mons. vicario generale, volle eseguire pubblicamente la consegna liturgica col cerimoniale prescritto.


Pellegrinaggio parrocchiale alla SS Vergine delle Grazie, da “Libertà” del 18 maggio 1942


Giovedì scorso una ottantina di pellegrini partiva dalla chiesa parrocchiale, dopo il canto del “Regina Coeli” per il santuario delle Grazie. Il viaggio fu fatto tutto a piedi non solo dai giovani ma anche dai vecchietti e alle 8,30 i pellegrini poterono prostrarsi ai piedi della SS Vergine ed assistere alla messa celebrata dal loro parroco. Arrivavano intanto anche gli altri pellegrini e così il numero dei pellegrini raggiunse il centinaio. 

Dopo aver assistito alla messa solenne cantata i pellegrini furono ospitati gentilmente dalle suore del ricovero e nella sala del laboratorio trascorsero il resto del giorno aspettando che la calura della giornata permettesse il ritorno. 

Fu passata la giornata in fraternità famigliare ed i pellegrini poterono ripartire, dopo essersi ancora prostrati ai piedi della Vergine per una preghiera ed un canto, a piedi, recitando il rosario e cantando per raggiungere la propria parrocchia alle 21. dalla chiesa parrocchiale si era partiti e a questa si fece ritorno. Da tutti tra il canto di inni sacri e la benedizione col SS.mo e brevi parole del parroco chiusero quella giornata di pietà e di preghiera.


Nuovo pavimento del presbiterio della chiesa parrocchiale, 24 maggio 1942


L'offerta di £ 500 di una nobile signora, d[onna] Antonia Martinez, e quella di £ 500 per il concorso della Ginestra conferita al nostro parroco e da lui devoluta ai restauri, permisero al parroco di poter attuare il sogno – gradualmente – della nostra chiesa che dovrà diventare una delle più belle.

Il giorno della Pentecoste abbiamo quindi potuto ammirare il nuovo pavimento dell'altare maggiore e la sistemazione della balaustra, con la costruzione di tre nuovi gradini in marmo di accesso all'altare. Il tutto eseguito alla perfezione dal fratello del parroco, sig. Mario Sechi che con rapidità sorprendente ha potuto mettere in opera così presto in modo che tutto fosse puntualmente pronto per la Pentecoste.

Maggior risalto dava al nuovo lavoro la nuova tovaglia-palliotto in seta rossa, pitturata dal parroco ed intonata alla solennità liturgica del giorno. Auguriamo che la Provvidenza dia all'amato nostro parroco i mezzi necessari per poter attuare i desideri che più volte ci ha manifestato perché la nostra parrocchia diventi una casa più degna del Signore.


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